«Basta con gli abbattimenti di cinghiale, volpe, corvidi, piccione e nutria». A dirlo sono le associazioni ambientaliste ed animaliste delle Marche. Enpa, Grig, Lac, Lav, Lipu, Lupus in Fabula, Pro Natura e Wwf hanno inviato una lettera alla Regione, all’assessore alla caccia Mirko Carloni, dopo la missiva, che va in direzione opposta, scritta dalle associazioni venatorie per sollecitarlo all’attuazione dei Piani di Controllo di quelle specie, allo scopo di evitare danni all’agricoltura. Le associazioni ambientaliste e animaliste nella missiva chiedono all’assessore Carloni di attenersi alla «Legge 157/92, che prevede, in via prioritaria, l’attuazione dei metodi ecologici e preventivi che, se applicati, avrebbero già da tempo risolto la maggior parte dei problemi agli agricoltori.
Senza ricorrere agli abbattimenti, peraltro eseguiti sempre fuori dall’ambito del consentito dalla normativa nazionale, ovvero non dalle figure pubbliche preposte, come ad esempio la Polizia provinciale, ma da soggetti privati, come i cacciatori» si legge nella nota inviata all’assessore. A supporto della loro tesi, animalisti e ambientalisti rimarcano le «sette sentenze della Corte Costituzionale, con cui si è stabilito che soggetti “privati”, che poi sistematicamente si rivelano essere dei cacciatori, non possono essere coinvolti nelle operazioni di “controllo” faunistico. È dunque illegittimo avvalersi di squadre di cacciatori come “coadiutori” degli organi pubblici di vigilanza venatoria, perché il controllo delle specie selvatiche (in periodi e zone di divieto di caccia) spetta esclusivamente agli agenti di Polizia provinciale». «Gli Ambiti Territoriali di Caccia stanno già organizzando dei corsi per abilitare in fretta e furia tutti i cacciatori a “sele-controllori”, una qualifica che invece richiederebbe molto tempo e soprattutto requisiti psicofisici precisi, che certamente non tutti i cacciatori possiedono, specialmente quelli più anziani.
Tutto ciò per permettere ai cacciatori, soprattutto quelli che partecipano alle braccate al cinghiale, di esercitare la caccia tutto l’anno» afferma Danilo Baldini, delegato della Lac, Lega per l’Abolizione della Caccia. Secondo le associazioni, quello dei danni all’agricoltura «è un pretesto» e in «oltre vent’anni di “controlli” faunistici, la vecchia politica degli abbattimenti si è rivelata totalmente fallimentare». E «l’esempio più eclatante – spiegano – è dato dalla caccia al cinghiale in braccata, che determina la destrutturazione dei branchi, l’aumento della prolificità delle femmine e la dispersione dei giovani cinghiali anche nelle aree urbane». Inoltre sottolineano che «il ricorso sistematico ai cacciatori, che traggono poi lauti profitti dalla vendita delle carcasse dei cinghiali abbattuti durante le braccate, ha generato un grande commercio clandestino di carne di selvaggina, ed ha creato un enorme conflitto di interessi, perché è chiaro che i “cinghialai” non permetteranno mai che i cinghiali diminuiscano di numero o che addirittura vengano eradicati, essendo per loro una preda di rilevante interesse economico» (Centropagina.it).