Questa mattina durante la trasmissione Agorà, in onda su Rai 3, si è svolto un confronto che, volendo usare termini benevoli, ha visto tempi assegnati ai partecipanti molto sbilanciati a favore di posizioni abolizioniste e contro le armi sportive. Una manciata di secondi è spettata al Presidente Maffei per rappresentare le posizioni di Arci Caccia e della sua posizione Congressuale, convincente, come hanno testimoniato quantità e qualità i consensi ricevuti. Corrono le poche settimane che ci dividono dal pronunciamento della Cassazione sull’unico referendum in campo; gli altri referendari sembra abbiano abbandonato la partita. Volevano tirare la volata per interessi lontani dai quesiti?
Dal 15 dicembre ogni ora sarà buona per avere il responso sulla quantità delle firme e sulla validità delle modalità di raccolta. Se, e sottolineiamo, solo se, la raccolta dovesse essere legittimata dalla Cassazione, riteniamo che dal 20 febbraio dovremo conoscere la sentenza di questi quesiti che mettono in discussione le direttive europee. Si può fare? A prescindere dal referendum contro la gestione della fauna selvatica, la trasmissione è stata la plastica, plurale, rappresentazione delle sensibilità in campo nella società, a vantaggio di una parte che è interna a una cultura urbana significativa; da contrastare con argomenti e non con muri e barricate suicide.
La comunicazione pubblica tiene conto dei sondaggi e dei rapporti di forza, a noi risolverli a nostro favore. Lasciare la difesa dei valori qualificanti la 157/92 per inseguire appalti e privatizzazioni produce questi risultati. Nel 1990 e nel 1997 gli italiani non sono andati a votare quei referendum. Numeri non chiacchiere. Di quella maggioranza pro-astensione di ieri, oggi i migliori interpreti sono gli ambientalisti che hanno contestato i referendum. Siamo in dovere di denunciare le responsabilità di quanti, nel mondo venatorio in primis, ma non solo, hanno eluso le finalità positive sulla tutela e la gestione della fauna selvatica (Fonte: Arci Caccia).