Danni alle colture
“La peste suina africana rappresenta sempre di più un pericolo per il comparto primario del nostro Paese. Tutto il comparto suinicolo – dagli allevamenti, agli impianti di macellazione, ai salumifici e prosciuttifici – si trova oggi gravemente a rischio. E il rischio, naturalmente, non riguarda solo il danno economico alle aziende, ma anche la salute e il benessere degli animali”. A riferirlo è Matteo Bartolini, presidente di Cia Umbria e vicepresidente nazionale. “Ecco perché -continua- per i danni alle colture, ma anche per il potenziale pericolo di trasmissione della peste suina, nel gennaio scorso Cia Umbria ha chiesto con fermezza alla Regione il contenimento dei cinghiali una volta chiuso il calendario venatorio. Per l’Umbria, ad esempio, secondo quanto previsto dal Commissario straordinario alla peste suina africana, peraltro da qualche giorno destituito senza apparenti motivazioni, il piano straordinario prevede un prelievo annuale di 44mila capi così distinto: 24mila capi da abbattersi in caccia collettiva e caccia in forma singola, 10mila in caccia da selezione e 10mila in controllo”.
L’utilità della caccia
Spiega Bartolini che “la malattia prosegue a passo svelto nella sua diffusione sul territorio nazionale e le misure di prevenzione e controllo non risultano essere applicate in modo sufficientemente efficace e territorialmente uniforme. Senz’altro -chiosa- la caccia resta uno strumento utile a ostacolare la propagazione della peste suina, ma da sola non è la soluzione”. In Umbria, come regolato da una delibera di giunta regionale, è stato ridotto ad un’ora dalla richiesta di intervento agli Atc, il termine trascorso il quale, i proprietari possono intervenire direttamente sul proprio fondo per il contenimento d’urgenza dei cinghiali. Ad una condizione: che i proprietari o i conduttori di fondi siano in possesso di regolare e valida licenza di caccia e specificamente formati.
Risorse finanziarie da aumentare
“In questa direzione Cia -continua- da sempre attenta alle istanze provenienti dagli agricoltori, ha individuato il giusto percorso grazie a una convenzione firmata con Arci Caccia che consentirà ai propri associati la partecipazione a corsi di formazione, in partenza da settembre e con costi calmierati, per l’abilitazione al controllo della specie cinghiali. Occorre mettere in campo una strategia di sorveglianza ponderata e pianificata -conclude Bartonini- , coordinata centralmente da un gruppo di esperti. Occorre altresì aumentare le risorse finanziarie e umane e adottare accorgimenti strutturali negli allevamenti, a partire dall’adeguamento delle recinzioni. La nostra agricoltura umbra già in difficoltà, non può permettersi il rischio di un ulteriore danno economico” (fonte: CIA Umbria).