La Corte Costituzionale ha giudicato illegittimo l’articolo 4 della Legge della Regione Abruzzo numero 11 del 2016, il quale ha autorizzato lo svolgimento di attività cinofile e cinotecniche per otto mesi l’anno in un territorio che fa parte delle aree protette regionali. L’obiettivo dell’articolo era quello di agevolare lo sviluppo sostenibile delle aree interne promuovendo il turismo di tipo cinofilo.
La Consulta ha ritenuto questa presenza dei cani nei parchi e nelle riserve lesiva degli obblighi imposti dall’Unione Europea. Inoltre, nonostante l’attività sia autorizzata dalla legge, sarebbero stati superati i livelli minimi di tutela ambientale, in contrasto con i primi due commi dell’articolo 117 della Costituzione. I giudici hanno ricondotto l’addestramento alla materia venatoria in quanto strumentale alla caccia, di conseguenza sottopotso alla stessa disciplina.
In particolare, la Corte ha ravvisato nella legge la violazione del divieto previsto dall’articolo 21 della Legge Nazionale sulla Caccia (“Divieti”). Tra l’altro, il vizio non può essere superato nemmeno con limiti di tempo e spazio per quel che riguarda l’addestramento. Il legislatore italiano ha fissato un livello minimo di tutela ambientale in cui è incluso anche il divieto di disturbo delle specie animali nell’area (nel caso dell’Abruzzo si tratta del lupo, dell’orso bruno e del camoscio).