L’imputato si era accorto subito dell’errore, arrivando ad autodenunciarsi e a pagare la relativa multa. Il capo abbattuto era stato portato in un centro per la macellazione e poi venduto all’asta, soldi versati successivamente alla Regione Piemonte. Il processo è cominciato in quanto l’uomo ha chiesto la restituzione del camoscio, ricordando la sanzione onorata. Nel 2013 e nel 2015 ha avuto torto e così è stato con la sentenza definitiva della Cassazione.
La richiesta è stata bocciata, nonostante il cacciatore abbia sottolineato in più di una occasione come la confisca sia stata illegittima. L’abbattimento era infatti illecito e questo ha impedito che la proprietà del capo andasse a un soggetto responsabile di una trasgressione. Ora ci sarà un’altra somma di denaro da pagare, vale a dire il contributo unificato introdotto dalla Legge di Stabilità e pari a quanto speso per il ricorso.