Caccia con Arco, Passione e Tecnologia a servizio dell’etica venatoria; le precisazioni di AICA e Federcaccia sulla questione della caccia di selezione agli ungulato con l’arco.
Sulla base dell’esperienza più che ventennale maturata dall’Aica nell’uso dell’arco per il prelievo venatorio su cervidi e suidi, ci sembra quanto mai necessario precisare alcuni aspetti relativi alla recente, opportuna apertura della Regione Umbria all’uso dell’arco anche per il prelievo selettivo. L’uso dell’arco a caccia, in Italia, è stato ammesso dal 1968 e confermato come mezzo di caccia dalla legge quadro tutt’ora in vigore, la 157/92.
Agli enti territoriali è demandata la specifica regolamentazione. L’apertura dei legislatori Umbri è solo l’ultima in ordine di tempo, e dimostra una volta di più come questa forma di caccia rappresenti un valore aggiunto per i cacciatori, che sono i primi conoscitori e tutori della natura, in una logica di innalzamento culturale del mondo venatorio.
La caccia con l’arco rappresenta oggi l’espressione di una cultura venatoria molto evoluta. Chi decide di praticarla ha maturato uno stato mentale in cui il fine ultimo non è quello della predazione massiccia, ma piuttosto la ricerca di una sfida differente, nella consapevolezza che le occasioni di scoccare la freccia saranno minori rispetto alle opportunità di utilizzare una carabina.
A livello di etica venatoria, la tecnologia utilizzata per la realizzazione dei moderni archi da caccia si basa su decenni di esperienza, ricerca, scelta di materiali all’avanguardia estremamente affidabili, gli stessi utilizzati dall’industria aeronautica per la costruzione di satelliti e navette spaziali. Sia chiaro però che non ci può essere affidabilità senza un’adeguata preparazione e abilitazione da parte del cacciatore, che comunque può esercitarsi durante l’intero anno presso le innumerevoli società sportive presenti sul territorio.
Nella caccia con l’arco è l’arte dell’avvicinamento a fare la differenza, tramite una presenza discreta che evidenzia la necessità di totale compenetrazione con l’ambiente e profonda conoscenza delle abitudini del selvatico. In molte periferie collinari, dove gli ungulati sono molto presenti e lo sparo inopportuno per ovvi motivi di sicurezza e quiete pubblica, è proprio l’arco lo strumento ideale al controllo: vicino alle case, senza alcun pericolo per le persone, con efficacia equivalente ad un colpo di fucile.
Basta pensare all’esempio della vicina Francia, nazione all’avanguardia in campo venatorio, nella quale i tantissimi viticoltori hanno necessità che siano gli arcieri ad operare ai bordi e tra le preziose piccole vigne, circondate da strade trafficate dove gli ungulati non sono certamente cacciabili con armi da fuoco. Sono ambiti ristretti e preziosi, dove solo gli arcieri cacciatori vengono chiamati ad operare di selezione sui cervidi e in controllo sul cinghiale. Altrimenti i danni della selvaggina si accumulerebbero irrimediabilmente.
Il cacciatore con l’arco sa di dover colpire solo a distanze brevi, e questo è garanzia della totale corrispondenza del capo assegnato. Si tenga presente, inoltre, che la selezione con l’arco è di norma praticata da postazione sopraelevata, dove il cacciatore si trova fuori dalla linea di allerta del selvatico, la sua percezione dell’azione è totale e molto diversa rispetto al tiro con carabina. Questa necessità diventa consapevolezza di una totale responsabilità, ben radicata in chi impugna l’arco come strumento di caccia, a testimonianza di un approccio mentale che prescinde dal dover “colpire” a tutti i costi.
Tutto ciò riduce le possibilità di ferimento del selvatico, comunque insito in qualsiasi forma di caccia. Sull’efficacia del colpo, infine, esistono ormai migliaia di dati certi sul fatto che a parità di precisione di tiro la lama affilata è letale quanto un colpo di carabina.
Perugia, 30 luglio 2014
AICA, Associazione Italiana Caccia con l’Arco
FIdC, Federazione Italiana della Caccia