Si è tenuta il 20 e 21 ottobre a Feltre, in provincia di Belluno, la 59a assemblea AGJSO sul tema “Il riscaldamento climatico e le sue ripercussioni sulla flora e sulla fauna alpina”.
È stata ancora una volta una riunione internazionale di alto livello quella che sotto la sapiente regia di Renato De Menech, si è svolta a Feltre. La storica cittadina veneta ha ricevuto i delegati delle tre nazioni componenti l’AGJSO, Italia, Austria e Slovenia, come meglio non si sarebbe potuto desiderare, ospitando la cerimonia di apertura dei lavori nella Sala degli stemmi del Comune, dove sono stati accolti da figuranti in costume storico e falconieri.
Il presidente UNZCA, Sandro Flaim, Renato De Menech e il presidente AGJSO, Franc Golija, aprendo i lavori sono stati concordi nel rilevare la lungimiranza e l’importanza dell’idea che ormai quasi 60 anni fa ha riunito tre nazioni attorno ai problemi comuni della gestione faunistica del territorio, della difesa delle tradizioni dei popoli di montagna e della ricerca scientifica.
“Il tema scelto quest’anno – ha detto Flaim – dimostra anche la spinta innovativa dell’Associazione e la sua volontà di operare al passo con i tempi, andando a toccare problematiche non semplici, di grande attualità e che superano lo specifico contesto venatorio”.
“La caccia è ruralità – gli ha fatto eco De Menech – Un concetto che la società sta perdendo e che noi cacciatori dobbiamo trasmettere ai nostri figli. La nostra passione fa di noi dei privilegiati, consentendoci di vivere immersi in spettacoli che gli altri vedono solo alla tv. Un privilegio che è anche una responsabilità alla quale siamo chiamati a rispondere occupandoci di tematiche che riguardano tutti”.
Il tema scelto per il convegno, svoltosi alla presenza di un pubblico attento e partecipe, è stato infatti “Il riscaldamento climatico e le sue ripercussioni sulla flora e sulla fauna alpina”. Ha aperto i lavori la relazione del Prof. Cesare Lasen (Biologo e Geobotanico), incentrata sulle “Interazioni tra modificazioni climatiche e paesaggio vegetale”. Portando i risultati di una lunga serie di osservazioni fatte sul campo, Lasen ha illustrato i cambiamenti avvenuti nelle Alpi e pre Alpi centro orientali negli ultimi 40 anni dovuti all’innalzamento delle temperature e come a questi corrispondano modificazioni sulla presenza delle diverse specie di selvatici.
Se da un lato i cambiamenti climatici causano l’abbandono di certi impieghi del suolo, dall’altro ne permettono uno sfruttamento intensivo, ma entrambe le conseguenze sono pericolose in termini di perdita della biodiversità. Gli studi su questo settore risultano di grande importanza, perché l’analisi della composizione floristica e la dinamica delle comunità vegetali sono ottimi indicatori dei cambiamenti in atto e contribuiscono a valutare la qualità naturalistica del paesaggio.
La relazione del Prof. Armin Deutz, docente di veterinaria dell’Università di Vienna, ha invece illustrato “Gli effetti del riscaldamento globale su camoscio, stambecco e fagiano di monte”. L’innalzamento del limite superiore del bosco, dovuto all’innalzamento delle temperature, ma anche all’abbandono delle pratiche tradizionali dell’alpicoltura, ha ridotto in maniera rilevante lo spazio di queste specie, costringendole in ambienti non ottimali.
Questo porta a una diminuzione delle popolazioni a causa dell’impoverimento genetico, indebolimento delle difese immunitarie e maggiore comparsa di malattie infettive e parassitosi. “Per farvi fronte è necessario migliorare la qualità ambientale, adeguare le densità dei selvatici alle capacità degli habitat, prelevare in modo sistematico i capi malati.
I cacciatori – ha sottolineato – si devono confrontare in modo serio con le tematiche delle malattie della fauna selvatica, del trattamento delle carni e con la corretta gestione delle popolazioni. Un impegno che potrà essere una delle principali motivazioni per il mantenimento dell’attività venatoria così come fino ad ora praticata”.
Ha concluso i lavori la relazione, divisa in due parti, del dott. Alessandro Brugnoli (Direttore tecnico dell’ACT) e del dott. Giorgio Carmignola (Vicedirettore dell’Ufficio Caccia e Pesca della Provincia Autonoma di Bolzano): “Cambiamenti climatici e galliformi di montagna. Esperienze in ambito alpino”.
Dalla loro interessante e approfondita disamina si trae la conclusione che le esigenze di ricerca sulle conseguenze del fenomeno per la biodiversità sono rilevanti, investendo dinamiche delle popolazioni ancora lontane dall’essere perfettamente comprese. Essendo indagate attraverso simulazioni è necessario una sinergia profonda fra biologi, meteorologi e ecologi modellisti. La prosecuzione delle ricerche e il monitoraggio sui galliformi di montagna – e qui vediamo insostituibile il ruolo dei cacciatori – è necessaria per proporre misure di conservazione efficaci.
Il presidente nazionale della Fidc Gian Luca Dall’Olio, che ha come già in passato voluto rendere omaggio ai principi e ai valori che animano l’AGJSO, ha auspicato che il suo esempio, anche se non facile, possa essere raccolto anche in altri settori della complessa e articolata realtà della caccia italiana.
Fonte: Federcaccia